Moltissimi sono stati gli appartenenti alla famiglia Estense morti a Ferrara e che hanno trovato sepoltura com’era d’uso un tempo all’interno delle Chiese cittadine. Oltre ai principi e alle loro mogli vi sono donne estensi che scelsero (?) la vita monacale ed illustri artisti o uomini d’armi che ne popolarono la Corte.
Partendo dalla Certosa di Ferrara ne daremo brevi cenni:
Certosa di Ferrara: l’arca di Borso e non solo
Il monumento funebre di uno tra i più celebri principi estensi, Borso, è conservato nel Gran Claustro (chiostro grande) del Cimitero della Certosa; monastero che proprio Borso fece costruire per ospitare l’ordine dei P.P. Certosini e che già aveva indicato come luogo per la sua sepoltura. Il corpo del primo Duca fu imbalsamato e racchiuso in un’Arca, cioè una sorta di scrigno più che un sarcofago, attualmente murata nella cappella centrale. Ma un mistero avvolge la sua morte. Infatti, Borso morì nel 1471, provato dal viaggio di ritorno da Roma per ottenere l’investitura a Duca di Ferrara da parte del Papa. La successione al potere del fratellastro, Ercole I, non fu troppo tranquilla dato che anche altri vantavano diritti sulla successione. Per sottolineare il suo legame con Borso, Ercole ordinò di imbalsamarne il corpo asportando però cuore e viscere che furono invece posti in uno scrigno dentro una colonna di marmo (la colonna del Sacre Coeur), alla maniera delle Corti di Francia. La colonna venne conservata nella Chiesa di San Paolo, l’allora chiesa ducale, ma dopo il terremoto del 1570 se ne perse memoria e tutt’oggi nessuno sa dove sia il cuore di Borso.
Accanto all’arca di Borso, riposa, semi dimenticato un altro celebre membro della famiglia estense. Si tratta della nobile Marfisa d’Este tanto legata a Ferrara che decise di rimanervi anche dopo che tutti i suoi parenti si trasferirono a Modena e il clima cittadino divenne ostile agli Estensi. Peccato che però nessuno la ricordi e che trovare la sua lapide sia così difficoltoso.
Via Ercole I d’Este: la chiesa che non c’è più…
In Via Ercole I d’Este, al civico n. 43, una iscrizione ricorda l’antica presenza di una chiesa contenente diverse spolture estensi.
Si tratta della famosa chiesa di Santa Maria degli Angeli, sconsacrata agli inizi del XIX secolo e successivamente lasciata andare in completa rovina. L’edificio ospitava i sepolcri di alcuni principi d’Este fra cui Niccolo’ III, Leonello, Ercole I e Sigismondo. Agli inizi del ‘900, visto l’estremo stato di abbandono del complesso, l’architetto Adamo Boari fece raccogliere le ossa che affioravano dai ruderi creando una sorta di sacrario; successivamente, nel 1955, questi resti furono traslati nel convento del Corpus Domini e tumulati in un’unica sepoltura. Oggi questa deposizione è ricordata da una iscrizione posta in fondo al coro del convento. Invece in loco, oltre all’iscrizione posta sulla facciata della villa che da su via Ercole I, restano, nel giardino retrostante, residui delle fondazioni della chiesa e dei tumuli e alcuni frammenti di lapidi totalmente ricoperti di edera. I reperti appartenenti alla chiesa (capitelli, cotti, lapidi, ecc.) furono trafugati e dispersi negli anni dell’abbandono.
Chiesa del Gesù: il monumento funebre dimenticato?
Lo riconoscete?, probabilmente no anche perchè risulta un po’ nascosto dietro l’altare. Eppure è il monumento funebre di una Duchessa, Barbara d’Austria, figlia dell’Imperatore d’Austria e seconda moglie di Alfonso II, l’ultimo Duca di Ferrara. Questa città le deve molto: infatti le fonti storiche raccontano che dopo il disastroso terremoto del 1570 la Duchessa Barbara volle condividere la sorte dei suoi concittadini trascorrendo l’inverno nelle tende montate fuori dai palazzi. Il Duca suo marito voleva che lei tornasse per qualche tempo presso la corte austriaca, ma lei si oppose. Purtroppo però la vita all’addiaccio in quel rigido inverno le fu fatale anche perché già sofferente di polmoni: aggravandosi le sue condizioni di li a meno di due anni morì. Ma nel frattempo, benchè malata partecipò attivamente con la sua dote a finanziare le attività di ricostruzione della città; anche questa chiesa in cui riposa è stata edificata con le sue finanze.
Chiesa di San Francesco: il mistero del capitano decapitato
Vi sono storie legate a Ferrara che appaiono incredibili anche se spesso documentate dalle fonti storiche o dai monumenti. Nella chiesa di San Francesco ad esempio è sepolto un capitano d’armi fedele al Duca Alfonso I. Si tratta di Ercole Cantelmo, la cui tragica morte nella battaglia di Polesella del 1509 venne ricordata anche dall’Ariosto nell’Orlando Furioso (XXXVIesimo canto). La storia narra che il cavallo di questo giovane guerriero, figlio del Duca di Sora, si imbizzarrì causandone la cattura da parte dei veneziani. Trasportato su una delle loro navi lo sfortunato giovane venne decapitato sotto gli occhi del padre Sigismondo e del Duca. Sconvolto dalla tragedia Alfonso I pagò un ingente riscatto per riavere il corpo del suo capitano. Riottenutolo, fece riattaccare la testa e dette ordine che Ercole venisse imbalsamato. Dopo alterne vicende la mummia fu sepolta nella chiesa di San Francesco ed ancora lì giace, di fronte all’altare di Sant’Antonio sotto un marmo ornato dalle sue armi e dall’iscrizione: “Hic jacet Hercules Cantelmus dux Sorae, qui obiit anno Domini MDIX“.
Palazzo Schifanoia: che ne resta dei resti?
Iniziando la visita alle collezioni di Palazzo Schifanoia, proprio nella prima sala al piano terra è esposto il sarcofago in cui venne deposto alla sua morte il padre di Pellegrino Prisciani (il progetto di questo monumento funebre è suo). Pellegrino fu un importante umanista e uomo di corte presso Borso ed Ercole I. Suo è il progetto ideografico del Salone dei Mesi. Del padre invece si sa poco, il sarcofago poi è vuoto e privo della lastra di copertura, osservandolo una domanda ci è sorta spontanea…”ma che fine avranno fatto i suoi resti?” ….
Ruderi della Chiesa di Sant’Andrea: in memoria di un Architetto
Nel corso della nostra visita a Ferrara alla ricerca delle pietre degli Estensi abbiamo fatto tappa ai ruderi della Chiesa di Sant’Andrea. Questa chiesa ha subito più o meno la stessa sorte di quella di Santa Maria degli Angeli. Sconsacrata nell’800 conobbe una lenta rovina fino all’ attuale stato di rudere impraticabile.
Peccato! Anche così ha tanto fascino da trasmettere, se solo ci si potesse avvicinare in sicurezza.
(tre immagini della Chiesa di Sant’Andrea scattate da noi)
Forse potrebbero spezzare una lancia a favore di questo bel monumento gli Architetti ferraresi dato che più di uno dei loro illustri predecessori ha trovato sepoltura qui. Recita infatti una lapide apposta dalla associazione Ferrariae Decus: “Ruderi della Chiesa di Sant’Andrea. Sorta intorno al 1000, fu ampliata e consacrata da Papa Eugenio IV nel 1438. L’ampia navata centrale e due navate laterali erano ricche di opere d’arte. Vi furono sepolti Biagio Rossetti, Alberto Schiatti, Gian Battista Aleotti, Domenico Panetti, Giuseppe Mazzuoli…”
Chiesa del Corpus Domini: reliquiario dell’estense famiglia
Gran parte dei membri della famiglia estense riposa qui. La tomba più recente raccoglie i resti dei principi sepolti inizialmente nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli. Delle altre lapidi, poste sulle tombe raccolte anch’esse nella zona del coro, la prima ricorda la presenza dei resti di Ercole II. La seconda invece è una sepoltura multipla contenente le salme di Eleonora d’Aragona moglie di Ercole I, Alfonso I e la sua seconda moglie: la famosa Lucrezia Borgia ed infine Alfonso II ultimo Duca di Ferrara, qui tumulato in gran fretta senza sfarzi ed elogi funebri. La terza tomba contiene i resti di Lucrezia de’Medici prima moglie di Alfonso II, morta a soli 18 anni. Una quarta tomba raccoglie invece le spoglie di Eleonora d’Este figlia di Alfonso I e monaca in questo convento, come pure la nipote, Lucrezia d’Este (figlia di Ercole II), tumulata nella quinta tomba. Infine un’altra monaca riposa nella VI tomba. Si tratta di Camilla Caterina Gonzaga segregata in questo monastero dal marito, il Duca Ferdinando Gonzaga. Camilla fu pretesa in sposa alla giovanissima età di 16 anni; già due anni più tardi Ferdinando se n’era stancato e, meditando nuove nozze con Caterina de’Medici, fece annullare il matrimonio e rinchiudere in questo convento ferrarese la sfortunata Camilla che qui passò il resto della vita.
Sant’Antonio in Polesine: il Cuoco e la Beata
Ancora storie di monache ma anche di miracoli ci attendono al monastero di Sant’Antonio in Polesine, un tempo isolotto nel centro del Po, oggi solo isola di pace e silenzio nella zona chiamata ”addizione di Borso”. Qui riposano le spoglie mortali di una nobile della famiglia d’Este il cui nome, Beatrice (lei fu la II a portarlo), fu più volte associato alla vita monastica. La cosa risulta abbastanza complicata ma proviamo a spiegarla. La zia, sua omonima, chiamata appunto Beatrice I d’Este fu la fondatrice della comunità monastica del Monte Gemmola a Calaone nei pressi di Este (Pd), paese natale della omonima Casata. Si chiamava così pure l’amata cugina, Beatrice III, anch’essa ospite del convento della Gemmola dopo il breve matrimonio con il re Andrea d’Ungheria. Della nostra Beatrice II sappiamo invece che fu figlia del famoso Azzo VII il Novello, primo signore di Ferrara. Nata nel 1226 morì all’età di 36 anni di febbri emorragiche nel monastero di Sant’antonio in Polesine dove si era ritirata 5 anni prima, e qui è conservata la sua tomba. A lei e a questa sua sepoltura è legata la manifestazione di un singolare “miracolo”. Quello delle “lacrime della Beata”. Iniziato con la distribuzione al popolo dell’acqua (risultata appunto miracolosa) con cui il corpo di Beatrice era stato lavato dalle consorelle dopo la sua morte, questo stillicidio (emissione di acqua dalla pietra) dalle lastre tombali pare si manifesti ogni anno nei mesi che precedono e seguono la data della sua morte.
Dal sacro al profano il monastero conserva anche la sepoltura del più famoso tra gli scalchi ducali non solo estensi: si tratta di Christoforo Messi Sbugo che, dopo la morte avvenuta nel 1548, venne sepolto proprio in questo monastero, sotto il cui portico è ancora conservata le sua lapide sepolcrale.
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